La nostra memoria è selettiva: cancella quello che non serve e, spesso, anche quello che andrebbe conservato. Per questo, a volte, per ricordare è utile seguire un percorso, una scia, come le famose mollichine di Pollicino, per non perderci sull’orlo di un abisso di ricordi troppo profondo.
Possono essere parole, immagini, libri. Oppure oggetti. Le mie briciole per ricostruire il passato sono stati cinquanta oggetti. Sono tutti in casa, li ho sempre avuti davanti agli occhi, ma in questo periodo di assenza forzata dal mondo ho, per la prima volta, imparato a vederli. Oggetti disparati: un mazzo di chiavi, un’icona, un tappeto, un orecchino, una scacchiera, un origami. Una scia di esperienze, di incontri, di rapporti molti dei quali sono affiorati quasi per caso alla superficie, trascinati da altri oggetti, da altre situazioni.
E allora, con sorpresa, ho scoperto che c’è una direzione, in queste briciole, c’è un disegno. La mia generazione ha cercato con costanza di essere contagiata da quello che veniva da fuori, da altre culture, da altre lingue, da altre musiche, da altre storie. Per questo i miei cinquanta oggetti sono una mappa dei contagi che anche io ho cercato, con costanza, per costruire un mondo meno chiuso, meno stretto, nel quale vivere insieme agli altri.
RENATA MAMBELLI, è anconetana ma ha vissuto a lungo a Roma. Giornalista, ha lavorato per il gruppo L’Espresso e per il quotidiano La Repubblica.
Ha pubblicato nove libri.
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